106 Bambini 4 -7 anni
Venerdì 17,00 – 18,00
(Arti Marziali Pad.2)
101 Bambini 8 -11 anni
Venerdì 18,00 – 19,00
(Arti Marziali Pad.2)
102 Bambini 5 -7 anni
Lunedì – Mercoledì 17,00 – 18,00
(Arti Marziali Pad.2)
è inoltre possible fare anche un solo giorno a settimana scegliendo tra i due,
103 Bambini e principianti 8 – 11 anni
Lunedì – Mercoledì 18,00 – 19,00
(Arti Marziali Pad.1)
104 ragazzi e adulti (medie/sup dal 2013)
Mercoledì – Venerdì 19,00 – 21,00
(Arti Marziali Pad.2)
La leggenda del Salice
La leggenda narra che un medico giapponese vide due alberi, un salice e un ciliegio, entrambi carichi di neve, ma mentre il primo faceva cadere i propri rami sotto il peso di questa fino a toccare in terra e quindi fino a scaricare la neve per tornare alla sua posizione più forte di prima , il ciliegio rimaneva rigido e sopportava il peso della neve, finché questa, diventata troppo pesante, rompeva il ramo…….
Da qui il principio del Judo: assecondare i movimenti dell’ avversario, sfruttando la sua forza per farlo cadere.
JIGORO KANO (1860-1938)
Ideatore del Judo
Il creatore del Judo nacque nel 1860 a Mikage, piccolo villaggio marino nei pressi di Kobe. Laureatosi in Scienze Politiche ed Economiche nel 1881, tentò la vita politica che abbandonò presto per intraprendere gli studi di Estetica e Morale. Nella sua lunga vita ricoprì importanti cariche governative e rappresentò più volte il suo Paese al Consiglio Internazionale Olimpico. All’età di 16 anni cominciò a praticare vari sports e studiò in modo speciale i vari metodi di Ju-Jutsu alla scuola di valenti Maestri dell’epoca. A 22 anni, nel 1882, aprì il suo primo Dojo adattandolo nel piccolo tempio di Eisho, nel quartiere di Shitaga a Tokyo. Da quella modesta sede doveva nascere, crescere divulgarsi il più grande dei movimenti sportivi del mondo, “VIA” di benessere non solo fisico ma anche, e forse soprattutto morale. Jigoro Kano moriva sul piroscafo Hikawa Maru il 5 maggio 1938, mentre rimpatriava, reduce da un faticoso viaggio preparatorio per le Olimpiadi in allestimento a Tokyo. Moriva un Uomo, rimaneva sul mondo la Sua Luce.
Storia del Judo
Jigoro Kano si trasferì a Tokyo nel 1871 con la sua famiglia. D’intelligenza vivissima ma di gracile costituzione, doveva subire la prepotenza dei compagni, dai quali avrebbe voluto difendersi praticando il ju-jutsu.
Poichè la disciplina era screditata e ritenuta troppo violenta, Kano dovette rinunciarvi, dedicandosi specialmente alla ginnastica e al baseball per irrobustire il suo fisico. Nel 1877, entrato all’università di Tokyo, potè finalmente avvicinarsi al ju-jutsu, cui si applicò con passione, impegnandosi in duri allenamenti (sempre ricoperto di piaghe, era soprannominato “unguento”). I suoi primi maestri furono Hachinosuke Fukuda e Masatomo Iso, della Tenshin-Shin’yo-ryu, dai quali apprese in particolare il KATAME-WAZA (lotta a terra) e l’ATEMI-WAZA (tecniche per colpire), venendo in possesso dei DENSHO (libri segreti) della scuola dopo la loro morte.
Conobbe quindi Tsunetoshi Iikubo, esperto della Kito-ryu, da cui apprese il NAGE-WAZA. Mentre progrediva con sorprendente facilità, penetrando i segreti dei diversi stili, nel 1881 ottenne la laurea in lettere e cominciò ad insegnare al Gakushuin (Scuola dei Nobili).
Nel 1882 il giovane professore aprì una palestra di appena 12 tatami nel tempio di Eisho, radunandovi i primi 9 allievi: nasceva così il KODOKAN (“luogo per studiare la VIA”), dove il giovane professore elaborò una sintesi di varie scuole di ju-jutsu.
Il nuovo stile di lotta, non più soltanto un’arte di combattimento, ma destinato alla divulgazione quale forma educativa del corpo e dello spirito, venne chiamato JUDO (“VIA della flessibilità”): come precisò Kano nel 1922, si fondeva sul miglior uso dell’energia (SEI RYOKU ZEN YO) allo scopo di perfezionare se stessi e contribuire alla prosperità del mondo intero (JI TA KYO EI).
Nel 1895 Kano elaborò con i suoi allievi migliori il primo GO-KYO (“cinque principi”) o metodo d’insegnamento; nel 1906 riunì a Kyoto i rappresentanti delle varie scuole per delineare i primi KATA (“modelli” delle tecniche di lotta); nel 1921 presentò il nuovo GO-KYO, tuttora invariato.
Kano morì sul piroscafo Hikawa-Maru nel maggio 1938, mentre tornava in patria dopo aver presenziato al Congresso del CIO svoltosi al Cairo. Non assistette quindi alla disfatta del suo paese, ma un paio di anni prima, quasi presagisse la tempesta, aveva lasciato una specie di testamento spirituale ai judokas di tutto il mondo:
Il Judo no è soltanto uno sport. Io lo considero un principio di vita, un’arte e una scienza […] Dovrebbe essere libero da qualsiasi influenza esteriore, politica, nazionalista, razziale, economica, od organizzata per altri interessi. Tutto ciò che lo riguarda non dovrebbe tendere che a un solo scopo: il bene dell’umanità.
Il Judo ha la natura dell’acqua
“L’acqua scorre per raggiungere un livello equilibrato. Non ha forma propria, ma prende quella del recipiente che la contiene. E’ permanente ed eterna come lo spazio e il tempo. Invisibile allo stato di vapore, ha tuttavia la potenza di spaccare la costa della Terra. Solidificata in un ghiacciaio, ha la durezza della roccia. Rende innumerevoli servigi e la sua utilità non ha limiti. Eccola turbinante nelle cascate del Niagara, calma nella superficie di un lago, minacciosa in un torrente o dissetante in una fresca sorgente scoperta in un giorno d’estate. Gunji Koizumi, Shi-han (1886–1964)
Il judo è una disciplina educativa che promuove lo sviluppo fisico e mentale; le sue componenti principali sono tre: tecniche di attacco e difesa; formazione fisica; maturazione della mente e dell’anima.
Il judo è una pratica collettiva e come tale favorisce la socializzazione e la comunione di spazi, idee e interessi di tutti. Il contatto fisico con l’altro aiuta a superare i dubbi e i pregiudizi che si nutrono verso nuovi individui; il rispetto di regole condivise durante la pratica stimola un grande senso di responsabilità nei confronti dei compagni. In questo modo, si impara ad accettare le piccole sconfitte e ad aiutare i compagni più giovani o meno esperti diventando così, in breve tempo, coscienti di ciò che si può o non si può fare con il proprio corpo; tale consapevolezza non nasce da un’imposizione, ma da una comprensione profonda ottenuta attraverso il corpo.
Bambini e ragazzi scoprono che da soli non si ottengono grandi risultati perché solo attraverso la collaborazione, la tolleranza e l’apertura reciproca si possono superare tutti i limiti individuali.
Come accade nella lotta a terra, si impara a condividere con il compagno uno spazio anche molto ristretto nel rispetto reciproco e nello spirito del gioco e della scoperta.
Sulla materassina ci si può muovere liberamente e in totale sicurezza, anche compiendo gesti nuovi il cui apprendimento è possibile solo in questo ambiente (ad esempio l’esecuzione delle cadute a terra); sotto l’aspetto emotivo, il contatto fisico con persone nuove permette di superare incertezze, paure e tensioni dovute a situazioni di diversa natura.
La pratica del randori (combattimento libero senza vincitore) e dello shiai (combattimento sportivo) fortifica la volontà e il carattere insegnando a riconoscere i limiti e le capacità proprie e altrui. Il judo sviluppa inoltre una notevole capacità di adattamento a circostanze nuove aumentando così il bagaglio di esperienze motorie e la consapevolezza di un loro utilizzo in diverse situazioni.
Come metodo di educazione fisica, il judo favorisce il potenziamento di tutte le abilità motorie coordinative contribuendo a mantenere o a migliorare la propria salute.
Attualmente il judo è praticato da milioni di bambini, ragazzi, adulti e anziani: si può iniziare anche prima dei sei anni, è una disciplina formativa adatta a tutte le età che, se praticata con costanza e sincerità verso se stessi e verso gli altri, permette di raggiungere traguardi sempre più significativi sia a livello fisico sia mentale, in un continuo susseguirsi di esperienze nuove e stimolanti.
Che cosa è il Judo?
Il Judo, Via della cedevolezza o dell’adattabilità, è una disciplina educativa basata su tecniche corporee che implicano uno stretto contatto con l’altro e l’apprendimento di esercizi di attacco e difesa nel rispetto di precise regole di comportamento. Si tratta di un’attività in cui i praticanti cercano, attraverso le prese al judo-gi (abito da judo in cotone pesante), di portarsi in disequilibrio e, muovendosi con agilità, di sfruttare questa situazione per applicare una tecnica di proiezione (in giapponese “nage – waza”) e far cadere l’altro con velocità e precisione. Questo è assolutamente privo di rischi per l’incolumità personale in quanto il tutto avviene su un apposito tappeto elastico (tatami) spesso montato su una pedana in legno e solo dopo l’apprendimento di precise tecniche per cadere senza ferirsi (ukemi – waza).Esiste anche la possibilità di lottare corpo a corpo al suolo “katame – waza” cercando di controllare o di portare alla resa l’altro. In tutti questi esercizi sono affrontati dopo un’adeguata fase di attivazione e preparazione chiamata tai – so (quella che definiamo comunemente “ginnastica”).